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Channel: Franco Maestrelli, Autore a Destra.it
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Riletture/ L’analisi di Juan J. Linz sui fascismi (veri o presunti)

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Nelle mie letture un libro tira l’altro come le ciliegie: dal libro con i tre brevi saggi di Gaxotte, Thibon e de Corte sullo statista portoghese Salazar ero finito a leggere l’opera “Portugal” di Gonzague de Reynold passando attraverso la rilettura della prefazione scritta da Giovanni Cantoni al volume “La Casa Europa” del pensatore contro-rivoluzionario elvetico in cui mi sono imbattuto in una citazione tratta dal breve saggio di Juan Josè Linz “Fascismo, autoritarismo, totalitarismo. Connessioni e differenze” (Ideazione, Roma 2003).

Incuriosito dalla breve citazione mi sono messo alla “caccia” di questo libretto non più facilmente reperibile in commercio. Sono stato fortunato e sono riuscito a trovarne una copia usata ma perfetta su ebay. Il saggio di Linz era nato in origine come intervento per un convegno ginevrino sul totalitarismo e successivamente, ampliato, è stato pubblicato come monografia nella collana diretta da Alessandro Campi. Questa genesi influisce sul libretto rendendolo molto schematico e sostanzialmente denso di rinvii alle altre opere del Linz in maggioranza non tradotte in italiano. L’autore, docente alla Yale University, riprendendo anche in parte le interpretazioni di Renzo De Felice ma discostandosi da quelle di Ernst Nolte e, sulla base di un’enorme mole di studi molto recenti (dagli anni Novanta al Duemila) giunge alla conclusione ripresa nella prefazione di Giovanni Cantoni che negli anni tra le due guerre mondiali si manifestò una crisi delle democrazie europee che originò la nascita di movimenti e partiti antidemocratici riuniti nella “vulgata” sotto l’etichetta di “fascismo”. Un’etichetta di comodo, veicolata soprattutto dagli storici marxisti che mentre chiudevano entrambi gli occhi sul totalitarismo comunista che arrivò a dominare mezza Europa, vedevano il pericolo fascista in ogni manifestazione anticomunista.

Secondo Linz in realtà non tutte le esperienze nate dopo la Grande Guerra e la Rivoluzione bolscevica si trasformarono in totalitarismo. Distingue così alcune esperienze come quelle portoghesi, austriache, ungheresi, polacche e spagnole dal nazionalsocialismo totalitario e dallo stesso fascismo italiano che non divenne mai totalitario. L’interesse del saggio sta soprattutto nel marcare le differenze nella presa di potere di questi governi autoritari e nell’impatto che ebbero sulla società. Analizza i rapporti con le forze armate, che giocarono spesso un ruolo essenziale in questi governi, con la Chiesa cattolica e con gli intellettuali.

Non è possibile riassumere le moltissime osservazioni contenute nel libro ma in conclusione è un’opera utile a fare luce sia sul fascismo sia sulle differenti esperienze politiche tra le due guerre rendendo giustizia alle facili e strumentali semplificazioni in uso e la cui lettura tra l’altro grazie alle moltissime note offre moltissimi riferimenti bibliografici in varie lingue per chi volesse approfondire le dinamiche politiche originate dalla crisi delle democrazie occidentali.

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